Occhio
Ovviamente, la comunicazione
visiva utilizza locchio
Tuttavia,
questocchio non è affatto un meccanismo. Esso è un sistema, un nodo del rizoma
della rappresentazione, della visione, della comunicazione.
Locchio posto sul
tavolo della discussione produce infinite interpretazioni ed osservazioni, a partire da
dati comuni di conoscenza, il primo dei quali riguarda la specializzazione antropologica
del vedere: ognuno di noi vede in maniera diversa, non solo in quanto gli organi di
senso posseggono in ognuno di noi funzionamenti differenti, ma soprattutto in quanto
ognuno di noi interpreta ed elabora i dati visivi in termini soggettivi, sarebbe più
giusto dire culturali.
Non a caso, un grande
studioso della percezione visiva, Rudolf Arnheim ha intitolato uno dei
suoi saggi fondamentali Il pensiero visivo! Tutto il pensiero, per
lautore, ha unorigine essenzialmente percettiva; le forme (i
percetti) son concetti! Arnheim sviluppa una tesi di Aristotele: lanima
non pensa mai senza unimmagine. Locchio non vede mai una cosa senza integrarla
e correggerla anche inconsapevolmente: quante volte non caccorgiamo che ciò che
stiamo vedendo ha delle fratture, delle mancanze, delle incrinature
Cè una
costanza della forma (locchio fa troppo spesso due più due) che
talvolta cimpedisce di veder catastrofi
È anche vero che
locchio possiede lo shining, la visione improvvisa, la visione segreta,
limprovvisa brillanza di un mistero che si lascia intravedere
Ma qui entriamo
in questioni che ci portano dritti dentro il
mistero, quel luogo esoterico che fa
crescere un occhio in mezzo alla fronte, chiamato terzo!
Locchio diventa
un punto donore per tutti i filosofi che si pongono la questione della definizione
del mondo, del luogo esterno al soggetto.
La storia della
comunicazione visiva è anche la storia delle diverse attribuzioni, date, nel tempo, alle
funzioni dellocchio umano, mai, per lesattezza, inteso come un puro organo
meccanico del vedere. Da sempre il filosofo ha compreso che dietro locchio
cera una misura, un giudizio, unidea! Persino il cosiddetto occhio di
Horus era in realtà una tavola di misure!
L'occhio di una rana, che è un animale insettivoro, è un occhio
specializzato: vede quello che gli serve (per vivere!); davanti ad un piatto di insetti
morti la rana rimane immobile, morendo di fame. I suoi occhi funzionano essenzialmente per
le cose in movimento. Locchio delluomo, che è un animale onnivoro, vede sia
ciò che sta fermo sia ciò che si muove; ma tuttavia seleziona soltanto ciò che gli
serve culturalmente. In effetti ciò vuol dire fondamentalmente che non vede tutto,
a differenza dellocchio della macchina da ripresa, che, riprendendo tutto ciò che
cè (?!), ogni tanto non saccorge duna giraffa sulla scena
Proprio per questo fine culturale,
luomo ha elaborato un cervello, che utilizza locchio come estensione dei
neuroni della sua mente!
Una prova straordinaria:
esempio classico della potenza del visual thinking, il pensiero visivo, è il
modello della molecola di DNA che due scienziati, D. Watson e Francis Crick, costruirono
manualmente, man mano che cercavano di elaborarne la teoria; lenorme quantità di
dati, combinabili insieme in strutture costitutive, era reso pressoché irresolvibile se
aggiunta alla geometria irregolare della molecola; solo un modello spaziale, realizzato
con bastoncini di legno e palline, sarebbe riuscito alla fine a permettere alle menti dei
due studiosi di liberare tutta la potenza del loro pattern-recognition
precosciente per intuire la famosa struttura a doppia elica della molecola!
Locchio del
robot.
Occhi come output:
Negroponte, il noto direttore del Media Lab del MIT di Boston, aveva fatto osservare, in
un briefing con i suoi collaboratori, che gli occhi degli interlocutori si tengono
misteriosamente agganciati luno allaltro, come calamite. Ebbene, si chiedeva
lo scienziato, sarebbe stato possibile capirne la causa e tentare di applicare questa
caratteristica umana, psicologica, emotiva e quantaltro si voglia, ad un robot?
Il robot deve
superare questo esame; non solo deve pensare (bella forza, è unintelligenza, per
quanto artificiale
), ma deve anche diventare macchina sensuale, dotata di sensi, e
sensibile. Il vedere provoca emozioni, e-mozioni!
Locchio
del robot: a tutti subito viene in mente locchio per eccellenza, quello di Hal in 2001.
Odissea nello spazio, il film cult di Kubrick: un occhio sempre-aperto che tutto vede
e che tutto trasmette al cervello artificiale, unintelligenza che utilizza
locchio per controllare le mosse e le intenzioni dellequipaggio umano, che non
deve interferire con la missione segreta per la quale Hal è stato preparato.
Ma, soprattutto, come
ricorda la rivista Wired, che vi ha dedicato, nel
2001, una speciale
attenzione, un occhio, quello inventato da Kubrick, che ha fatto la storia della nostra
utopia, uno sguardo che viene dal nostro prossimo futuro, dal momento che allarte
compete di aver pre-visioni
Pur permettendo il
verificarsi del vedere anche in profondità
, locchio sta dalla parte opposta
rispetto allo sguardo! In questo senso, come argomentiamo nel
nodo dello sguardo,
possiamo dire che oggi, grazie all'arte "dopo le avanguardie" e al pensiero
filosofico e analitico "dopo Wittgenstein e dopo Lacan", l'occhio umano si è
ulteriormente specializzato a vedere oltre il visibile, al di là dei limiti
"naturali" dei suoi campi percettivi.
Ciò che si può maggiormente temere, tuttavia, è che, per un gioco paradossale, proprio nell'epoca dell'immaterialità dell'informazione elettronica, il bagaglio delle immagini ritorni ad una cultura iconica fondamentalmente figurativa. Le protesi tecno-scientifiche modificano la natura stessa della visibilità e, nello stesso tempo, la riconducono allillusione di una realtà ancora rappresentabile mediante icone figurative e forme "naturalistiche". Cancellato un intero secolo di conquiste dell'arte dentro i territori "astratti"!
Locchio
tagliato (dal cinema).
Potremmo ricordare tutte
le opere di Magritte e dellintero Surrealismo, ogni opera di tale poetica possiede,
per forza, un occhio per locchio! Esso diventa lorgano da tagliare, da
attraversare, da ridicolizzare, per giungere al sogno, al profondo mentale!
Un âge dor,
unepoca doro, per tutti gli occhi attenti allarte
Unopera, tra tutte: Un chien andalou, Spagna 1929, di Luis Buñuel, sceneggiato con laiuto di Salvador Dalí.
Il film inizia con una
scena che diverrà una delle più famose immagini choc della storia del cinema: un uomo
affila un rasoio con il quale taglia trasversalmente locchio sinistro di una donna.
A posteriori, possiamo ipotizzare che questa scena, anche in quanto iniziale, riconduce il
cinema allinterno dellarte, a tutti gli effetti. Ciò avviene in quanto solo
lopera darte ha la capacità di ferire, di tagliare, di rendersi offensiva,
per eccesso di profondità.
Il cinema, che sembra
tutto basato sullutilizzo di occhi - quelli degli obiettivi, quelli del regista,
quelli degli spettatori -, inaugura la sua storia facendo fuori locchio per predire
la necessità dello sguardo (interpretativo, sintende).
Locchio del
voyeur.
Luomo
dagli occhi a raggi x, USA 1963, di
Roger Corman, La morte in diretta, Francia 1980, di Bertrand Tavernier, Locchio
che uccide (Peeping Tom), GB 1960, di Michael Powell, sono tre film che potremmo
indicare come dati di partenza duna riflessione sulla pulsione scopica
delluomo e sul suo voyuerismo. Ma anche sul cinema stesso come macchina ottica
desiderativa
Il primo dà
corpo al sogno fantastico della visione totale e profonda. Uno scienziato inventa un
liquido, che permette agli occhi di radiografare la realtà e di vederne gli aspetti più
interni. Lesperimento è troppo doloroso e lo scienziato ne pagherà le conseguenze.
Il secondo è
una parabola morale sulla morte come spettacolo: un inviato di una televisione satellitare
segue, giorno per giorno, con una microtelecamera innestata in un occhio, una donna,
apparentemente condannata a morire da un male incurabile.
Il terzo è un
film sullocchio e sul cinema, o, per meglio dire, sul cinema come un occhio
immorale, voyeuristico, che non si ferma davanti a nulla, ma che, anzi, gode di
trasmettere linguardabile. Un fotografo uccide le sue vittime, mentre le riprende
con la cinepresa, fissando sulla pellicola i loro ultimi istanti.
Innanzitutto
locchio di controllo: lonnipresenza delle macchine di registrazione fa della
vita dellindividuo una realtà fittizia, deprivata dogni effettiva
possibilità di scelta. Banche, scuole, edifici, stadi, strade, montagne, mari sono
obiettivi perennemente controllati. La città tutta è blindata mediante
lelettronica! La stessa natura è sotto osservazione.
The Truman Show, il noto film di
Peter Weir, USA 1998, esempla in maniera definitiva lossessione delluomo
occidentale, non necessariamente americano negli USA il fenomeno raggiunge livelli
insopportabili -, di vedersi vedere, di essere costantemente sotto la
vigilanza
dellocchio artificiale, che segue ogni sua azione, non solo catturandone
lesistenza, ma addirittura condizionandone le scelte.
Il film porta
allestreme conseguenze il dispositivo carcerario ideato dal filosofo inglese Jeremy
Bentam alla fine del Settecento, chiamato panottico: un solo carceriere, collocato
in un punto di vista centrale, può osservare, senza essere visto, tutti i suoi carcerati.
Locchio
videodromico.
Videodrome, Canada 1983, è un film del grande regista della
mutazione del corpo, David Cronenberg. Il film è un palpitante incubo di
fantascienza in un mondo dove la televisione può controllare
ed alterare lo svolgersi della vita umana. Un diabolico programma, che seduce e che può
controllare il suo pubblico, crea un segnale nocivo che provoca un tumore nel cervello, il
quale a sua volta provoca delle allucinazioni talmente realistiche da venire accettate
come realtà, anzi da divenire effettivamente realtà!
"Lo schermo
televisivo è il vero, unico occhio del mondo. Lo schermo televisivo fa parte della
struttura del cervello umano. La televisione è la realtà e la realtà è meno della
televisione".
La tv manipola le varie
realtà e le confonde, sfumando e rendendo indistinguibile il vero dal falso. La mutazione
fisica è inevitabile e incontrollabile. Il corpo ingloba nuovi organi: la pistola diventa
un tutt'uno con la mano, le videocassette sono carne viva (è lappellativo
lanciato dal protagonista, una volta trasformatosi egli stesso in protesi televisiva), che
pulsa e che respira come cosa viva.
Locchio identitario.
Il ben noto film - ormai
un cult, alla pari con il capolavoro di Kubrick, 2001 - di Ridley Scott, Blade Runner, USA 1980, inizia con una scena
paradigmatica. Si tratta della scena, che segue immediatamente la visione dall'alto della gigantesca città,
immersa in un'oscurità rotta dai bagliori degli incendi e dalla deflagrazione delle
esplosioni, in cui un personaggio (un individuo con sembianze umane) viene sottosposto
all'esame di identificazione, che consiste nell'analisi della pupilla, prova che dovrebbe
permettere di riconoscere se si tratta di un umano o di un "replicante".
Il film si apre, dunque,
sull'occhio, sulla centralità del vedere, che sostituisce l'importanza del parlare (il
test verbale, che viene fatto al replicante, è del tutto ininfluente). Occhio
dell'organismo artificiale, occhio della macchina, sguardo dell'artificiale. Non a caso,
alla fine del film (conclusione forzata da ragioni di cassetta... Ancora, per la nostra
cultura di tipo popolare, le storie devono finire bene!), il replicante
protagonista dimostra di avere, assieme allo sguardo, anche l'anima, vale a dire il
sentimento, l'emozione.
Eye control.
Con questo slogan, che in realtà era la denominazione di una
particolare innovazione del suo sistema oculare, la Canon, nel 1994, aveva lanciato sul
mercato, con relativa fortuna, una macchina fotografica (Eos) e una videocamera Hi8 dalle
caratteristiche particolari.[i]
Eye control
era uninterfaccia uomo-macchina,
la quale permetteva alloperatore, che usava una di queste macchine di registrazione
e di ripresa, di mettere a fuoco qualsiasi soggetto inquadrato nel mirino con repentina
precisione senza dover agire manualmente su una qualsiasi parte meccanica della macchina
stessa. Era sufficiente puntare lo sguardo nella direzione voluta e automaticamente
lobiettivo della macchina reagiva al movimento dellocchio azionando
automaticamente lautofocus sullimmagine. Non solo, se si dirigeva lo sguardo
in un angolo del mirino era possibile zoomare sullimmagine, iniziare una
dissolvenza, regolare o modificare lesposizione del soggetto, inserire dati e così
via.
Il principio era in sé rivoluzionario: la macchina guarda allindietro per cogliere nellocchio di chi vi si accosta ogni più piccolo desiderio. Interpreta, asseconda, risolve. Il mondo esterno diventa, in questo modo, uninterfaccia cibernetica tra la macchina stessa e luomo, tra cui sinstaura un dialogo da cui tutto il resto è escluso, pretestuale, occasionale, gratuito.
Nello stesso tempo
obbligava loperatore a fissare lo sguardo solo nel punto esatto nel quale convergeva
la sua attenzione; nessuna incertezza, nessun dubbio, nessuna possibilità di scarto e di
deviazione, pena la sfocatura delloggetto della propria pulsione. O la figura o lo
sfondo. O una cosa o laltra. Una sorta di condizionamento del desiderio determinato
dalleccesso di prestazioni da parte della macchina, una sorta di spiritello pronto
ad esaudire ogni richiesta del padrone a patto che essa fosse chiara e perfettamente
espressa. Nel dialogo con la macchina non cè posto per lambiguità, la
doppiezza, linganno, il doppio senso, il rimosso, il gioco del linguaggio.
Forse una delle più
grandi metafore del dominio inconsapevolmente razionalistico,
anti-artistico e anti-libertario raggiunto dalla tecnica alla metà degli anni Novanta.
L’occhio matrice.
Matrix,
di Larry
& Andy Wachowski (USA 1999), raggiunge dei risultati assolutamente
straordinari per quanto riguarda alcuni effetti speciali.
Si
tratta di un nuovo sistema di ripresa, che utilizza diversi strumenti e tecniche:
·
una
videocamera digitale
dotata di un'opzione di big ralenty, che cattura sino a 12.000 fotogrammi al secondo (ciò
permette di suddividere l'azione in singoli frammenti e di ricomporli assegnando a ciascun
movimento una velocità differente, amplificando così l'effetto drammatico, per esempio,
di una scena di combattimento);
·
macchine da presa tradizionali, le cui
immagini sono state scansionate al computer;
·
un sistema laser, con il quale si è riusciti
a "mappare" i movimenti della cinepresa necessari per inquadrare la scena;
·
una serie di sofisticate cineprese fisse
poste lungo il percorso precedentemente individuato; ogni macchina scattava una singola
foto;
·
le foto così ottenute sono state poi
nuovamente inserite in un computer, che le ha unite in una striscia di immagini fisse
simili a quelle dell'animazione;
·
il computer ha poi generato dei disegni
"intercalari" e la serie completa delle immagini ottenute può scorrere davanti
agli spettatori alla velocità desiderata dal regista senza perdere in chiarezza!
Le immagini di
movimento, il dettaglio dei particolari e lo sfondo sono stati infine amalgamati e animati
digitalmente.
Si tratta di una grande
invenzione, almeno per quanto riguarda laspetto, per così dire, filosofico, in quanto il metodo della ripresa
rovescia completamente il punto di vista prospettico, che, da puntuale e centrale e
soprattutto frontale rispetto al set, diventa ubiquitario simultaneamente:
unarchitettura di macchine di registrazione (fotocamere e videocamere), situate
tuttintorno al soggetto e allazione, che agiscono insieme e nello stesso
momento. Una sorta di occhio plurimo totale, ma che contiene al suo interno il mondo che
sta osservando!
Loperatore può
raccogliere, per fare un esempio, il terzo frame di ogni singola macchina che riprende
lazione e mettere tutti questi frame in una sequenza che non corrisponde alla
realtà: produce unaltra realtà, nella quale le coordinate tradizionali,
cartesiane, dello spazio tempo sono completamente rovesciate.
Lattore o
loggetto si era spostato nel tempo, ma loperatore ha annullato il tempo del
movimento e lo ha tradotto spazialmente!
Ci possiamo
muovere nel tempo pur rimanendo immobili nello spazio. E viceversa.
È come quando
guardiamo un treno, che si muove di fianco a noi, dallinterno di un altro treno,
senza possedere dei punti fissi di riferimento. Non sappiamo quale dei due treni si sta
muovendo. Einstein
laveva già spiegato con la sua teoria della relatività
Locchio della
bomba.
Locchio
(tele-visivo) si è spostato sulla punta della bomba o del razzo: il proiettile si
precipita sul bersaglio, autoregolandosi in vista dellobiettivo. Si mette a
fuoco per metterlo a ferro e fuoco!
Questaspetto terribile della bomba, che ha reso deresponsabile il soldato addetto a sparare, avendo affidato allo strumento di morte di farsi soggetto della sua implacabile decisione (nessun tentennamento emozionale, nessun ripensamento per quanto tardivo, nessun segno rosso di coraggio ), ha indotto un filosofo francese, Paul Virilio, a sostenere che la guerra attuale è una guerra invisibile, nel senso che, date alle armi strategiche il compito di farsi protagoniste, la truppa militare sembra essere diventata secondaria (sopraggiunge, infatti, in un secondo momento ) e pertanto raramente presente nel teatro dello scontro.
Uno scontro,
generalmente impari, quello che vede piovere dal cielo o da assai lontano degli ordigni
che vanno letteralmente a cercare il nemico da colpire!
Quando Bill Gates ammette (1999) che il software Microsoft di puntamento automatico del bersaglio, Falconview, non è stato sufficientemente efficace nella distruzione dei ponti nel Kosovo, non significa forse che a decidere le sorti di una guerra è una stringa di programma piuttosto che un tavolo di trattative politiche?
Locchio
artistico
Per quanto riguarda
larte figurativa, la comunicazione visiva, attuata giocando sulla presenza
concettuale dellocchio, offre innumerevoli testimonianze.
Tra le infinite opere,
che giocano sulla fissità degli occhi per muovere sguardi dattenzione su dimensioni
inusuali, vorrei prendere come esempio, linstallazione di Nam Jun Paik, TV Buddha,
1974.
Lopera consiste in
una telecamera che riprende una statua del Buddha, la quale sembra guardare nel monitor
frontale, la sua immagine.
I due oggetti si
affrontano, si guardano, si rispecchiano. Arte scultorea vs tecnica industriale.
Due icone (si)
riflettono, un Buddha materiale (riproduzione visiva
) e un Buddha immateriale
(riproduzione televisiva
), un Buddha fisico e un Buddha virtuale.
Quale delle due
rappresentazioni del Buddha è più efficace e più vera? In un mondo di artifici, solo il
rispecchiamento diretto tra le immagini, congiunte dal silenzio, sembra possedere un
significato, a prescindere dalla presenza dell'uomo. Le icone guardano alle icone, le
immagini alle immagini, senza più fare riferimento alla realtà fisica. Unimmagine
del Buddha guarda la sua immagine riprodotta, in ripresa diretta, su uno schermo
televisivo.
Tra la scultorea
immagine del Buddha e l'icona elettronica si sviluppa, in un muto dialogo, un gioco di
specularità, che induce a interrogarci sulla differenza di queste due rappresentazioni.
Esse appartengono a generi artistici molto diversi tra loro e, nello stesso tempo,
simboleggiano anche due mondi, quello della meditazione mistica e quello dell'estasi
elettronica, che si rispecchiano al di là del tempo secolare delle loro diverse culture.
Così facendo, Paik pone
il problema essenziale della tele-visione: la questione del suo timing, del suo tempo,
insieme simultaneo e simulativo. E, insieme, una riflessione sullo sguardo televisivo, su
quello sguardo che sembrerebbe essere, per la sua onnipresenza,
quasi divino. Dova sta il Buddha? Buddha riposa nel mezzo di queste polarità, tra la sua
rappresentazione atomica e quella elettronica; non è né luno né laltro; non
è che questo stare in mezzo, nel mezzo dei media
e tra i media e il mondo, in maniera del tutto
atea e invisibile.