Telefono

L’inadeguatezza dell’essere umano si manifesta a partire dall’adozione del linguaggio verbale: con l’adozione della tecnica del linguaggio si riesce ad evocare a distanza, mediante una "semplice" parola, un oggetto lontano, un fenomeno dei sensi, un presagio o un ricordo, e, soprattutto, si stabilisce una comunicazione tra chi parla e chi ascolta.
È proprio l’invenzione del linguaggio a permettere al soggetto di trasmettere pensieri e di sostituire le cose con le parole.
Una seconda fase della tecnica della comunicazione è rappresentata dall’invenzione di mezzi utilizzabili per amplificarla e trasmetterla. Dopo l’invenzione della stampa, quella del telefono e della radio, produrrà, come sappiamo, conseguenze enormi per la civiltà umana.
Come dice molto acutamente Leopoldina Fortunati (Telecomunicando in Europa, 1998), ogni tecnologia comunicativa è irrimediabilmente in conflitto con l’organico.

Il telefono, che, fino ad ieri, permetteva di stringere relazioni, di ottenere ed offrire informazioni, mediante un sistema unicamente uditivo, si sta indefinitamente evolvendo, diventando cellulare, palmare, satellitare e multimediale.
La comunicazione, che avveniva per il suo tramite, era fondata solo sulla parola: con essa si doveva sopperire alla mancanza delle immagini. Bisognava immaginarsi le persone sconosciute, fantasticando sul loro aspetto, sulla base di indizi acustici, d’inflessioni linguistiche, di modi di dire, del grado emotivo ed espressivo della voce, della scelta delle parole.

A questa dimensione ancora uditiva ed immaginifica del telefono, sono dedicati due romanzi, pressoché contemporanei: Claudio Magris, Le voci, Il Melangolo,1995 e Nicholson Baker, Vox, Frassinelli, 1992.
I due romanzi intendono rovesciare il motto che afferma che un’immagine vale mille parole. Qui è la parola che evoca mille immagini. Possiamo intenderne la metafora nel senso che, anche in questo caso, la necessità da parte dell’individuo di voler comunicare induce a qualsiasi strategia relazionale, anche a discapito dei corpi fisici e della loro visibilità, anzi, proprio grazie a ciò.

Ambedue i racconti vertono sull’uso erotico del mezzo, diventato elemento fondamentale ed essenziale per lo scatenamento dei sentimenti più segreti e nascosti: un modo voyeuristico di rapportarsi ad altri anche senza vedersi, cercando di comunicare visivamente con le parole! Cercando di evocare il corpo, nominandolo!
Le parole si cercano, si fondono, s’intrecciano, s’uniscono e si lasciano, esattamente come in un rapporto fisico amoroso.

Nel romanzo di Baker un uomo e una donna conversano al telefono, dopo aver trovato il loro numero di telefono pubblicato in una rivista pornografica.
Il racconto consiste nella trascrizione di un’unica interminabile telefonata, durante la quale i due protagonisti, ambedue attratti da fantasie voyeuristiche, si lasciano andare a confessioni sempre più coinvolgenti sul piano erotico. La loro storia si conclude, senza possibilità di un incontro reale, con la fine della conversazione. Tutto il reale è trasferito nell’immaginario, ma anche nella perfetta unione senza l’uso dei corpi, in un rapporto antivirologico.

Il racconto di Magris è ancor più provocatorio: il protagonista è attratto anch’egli dalle voci femminili ascoltate al telefono, ma solo se provengono da una registrazione. Le voci registrate, invece che apparire neutre, disumanizzate e tendenzialmente artificiali, sembrano, invece, promettere una sorta di disponibilità senza difesa, una proiezione erotica senza censura, un’irruzione imprevedibile, quasi da hacker, dentro l’indifesa intimità della casa, rivelata dalla macchina che ne ha registrato l’essenza ultima: la presenza di un corpo fantasmatico, di cui si indovinano forme, età e carattere da poche sillabe, frettolosamente pronunciate.
"Sono le voci che contano. Anzi, esistono solo loro".