Visibile

Il visibile presuppone il suo oggetto e il suo soggetto! Vale a dire il vedente e il visto, legati dallo stesso concetto di visione!
Il termine "visione" investe un campo di significati che riguardano sia il soggetto sia l’oggetto dell’atto del vedere, tanto il funzionamento delle facoltà percettive dell’occhio umano quanto le forme in cui il mondo si presenta allo sguardo (e lo sguardo rappresenta il mondo). L’ambiguità e la polivalenza del termine non sono altro che il risultato di un ambiguo statuto della visione nella cultura occidentale. Alla visione, intesa come atto del vedere, compete la facoltà di osservare, verificare, certificare. Ma, nello stesso tempo, l’incognita dell’illusione e dell’inganno, della fascinazione e della meraviglia.

Cosa si riesce a vedere è questione diversa rispetto a "cosa si può vedere": il visibile manifesta, in quest’accezione, l’effetto di una censura, di una legge, di un’idea! Iconoclastia e iconofilia (la lotta contro le immagini sacre o comunque figurative e il desiderio di rappresentarle e di vederle) sono due opposte tensioni, che, dal medioevo bizantino e islamico, giungono sino ai nostri giorni, prendendo, nella nostra epoca il carattere della disputa tra forme dell’arte figurativa e realistica e forme informali, geometriche, astratte…

Il desiderio di vedere, di rappresentare e di far vedere ha il sopravvento: il vedere collega, lega! Oggi l’arte è quasi sempre figurativa…

Non solo: il desiderio di vedere, come quello di far vedere e di farsi vedere implica un salto in più rispetto al puro (?) vedere. Qui entra in gioco la comunicazione: essa si serve, per trasmettersi e per essere recepita, dello sguardo.
Lo sguardo permette al vedere un eccesso: quello di dare accesso all’idea (attenzione: vedere deriva dalla stessa radice di idea, l’indoeuropeo idein, ‘vedere’) e al pensiero: al voler vedere di più!

Il superamento del confine del vedere ci porta è un gioco di parole! Ad avere visioni! Il fantastico, l’immaginario, il sogno… Una sfida per gli artisti.

Cos’è il visibile? Al di là delle interpretazioni di tipo fisico, psicologico e neurologico, il concetto di visibile è di natura prevalentemente filosofica, aprendo questioni metafisiche.
Il visibile è lo "sfondo" su cui ogni opera d’arte figurativa mette in forma le sue immagini. Ma non tutto ciò che è contenuto in un’opera d’arte è visibile!

Se il concetto di invisibile apre questioni come l’"astratto", il "vuoto", l’"infinito", il "nulla", quello di visibile, per … contrasto, presuppone il "concreto", il "pieno", il "finito", il "tutto". Troppo semplice!

Il concetto di "visibilità" richiama uno dei metodi interpretativi che sono stati per lungo tempo fondamentali per lo studio dell’arte moderna (accanto e spesso contro altre metodologie, quali la sociologia, l’iconologia, la semiologia, la fenomenologia, lo strutturalismo), uno studio basato sull’importanza prioritaria dell’aspetto formale dell’opera.

Konrad Fiedler, L'attività artistica, 1867-1887

Konrad Fiedler, L'attività artistica, 1867-1887

Heinrich Wölfflin, Concetti fondamentali della storia dell'arte, 1922

Heinrich Wölfflin, Concetti fondamentali della storia dell'arte, 1922

Questo metodo, sviluppato da Konrad Fiedler (1841-1895) ed applicato in sede storica da Heinrich Wölfflin (1864-1945), sosteneva che l’aspetto formale di un’opera figurativa, pittorica, grafica o plastica, possiede di per sé un determinante valore significativo, a prescindere dai temi e dai soggetti rappresentati.

Per esempio, osservando la raffigurazione di una Madonna di Raffaello stereotipo immortale per accademiche letture, non si può non rilevare come la composizione della figura sia rinchiusa all’interno di un ideale volume piramidale, che si staglia, secondo i canoni della rappresentazione prospettica rinascimentale, sullo sfondo, il cui paesaggio riprende le stesse linee morbide ed ondulate della veste e del corpo…
Questo metodo interpretativo formalistico era caduto da tempo in disuso, perché giustamente ritenuto troppo limitativo della complessità culturale di un’opera per la cui analisi tutte le discipline analitiche, storiche ed interpretative devono essere utilizzate!
Tale metodo, tuttavia, sembra essersi riaffermato in questi ultimi anni, in cui si sono andati sempre più perdendo i significati profondi di un’immagine artistica, a favore della sua comunicazione estetica, essenzialmente determinata dalla sua buona "messa in forma", leggi "stile".

Un oggetto d’arte (definito "opera" per sottolinearne la faticosa creatività…), come del resto ogni altro prodotto umano, è un insieme di relazioni, sia storiche - accumulatesi dal momento della sua genesi fino al momento della sua osservazione e della sua analisi, sia culturali, sia ideologiche.
Ogni opera fa riferimento all’universo dei segni artistici che l’hanno preceduta, che la accompagnano, che ne derivano, per simpatia o per antitesi.
Ogni opera è, innanzitutto, più che un’offerta visiva e una sorta di "pascolo degli occhi", una stratificazione di concetti, di novità, di critica dell’esistente e, nello stesso tempo, di tradizione.

Ogni opera, per quanto riguarda la sua comprensibilità, è prima di Duchamp o dopo Duchamp, perché il grande maestro della modernità è riuscito a dimostrare che il suo tempo, il tempo dell’avanguardia, aveva definitivamente liberato l’opera stessa dalla sua condizione retinica. L’occhio gioca un ruolo molto contradditorio in tutto lo sviluppo dell’arte moderna e, paradossalmente, esso risulterà essere tanto più importante per capire il significato dell’opera, quanto più essa si farà astratta e informale.

Nella nostra epoca, soprattutto negli ultimi due decenni, l’arte ha perso il suo ruolo centrale nella rappresentazione e nella comunicazione estetica, dal momento che essa non riesce più a contrapporsi, con la sua forza critica, ad un mondo totalmente trasformato in un insieme d’immagini precostituite e veicolate dai media e completamente dominato dall’occhio, dal rapido consumo di uno sguardo!

Per ragioni di tipo produttivo e commerciale tutte le immagini che osserviamo sono state realizzate in funzione persuasiva e non riflessiva: non c’è tempo per farci interrogare dall’opera. Siamo noi che la sottoponiamo ad una prova inequivocabile: ci attrae oppure ci respinge. Al contrario delle immagini prodotte dall’industria pubblicitaria, l’opera d’arte si ritrae davanti alla velocità di uno sguardo, rendendosi opaca, intransitabile: decifrabile solo con strumenti critici, interpretativi e intuitivi del tutto speciali e non comuni.

Attenzione, quindi, all’occhio. Esso è troppo pronto a mettersi in moto e poco disposto a mettersi in gioco. Per paradosso: ritornare ad una condizione riflessiva, con la capacità di guardarsi dentro, per ritornare a vedere.

The Center for Metahuman Exploration, Carnegie Mellon University, Pittsburgh USA

The Center for Metahuman Exploration, Carnegie Mellon University, Pittsburgh USA

The Center for Metahuman Exploration, Carnegie Mellon University, Pittsburgh USA

The Center for Metahuman Exploration, Carnegie Mellon University, Pittsburgh USA

The Center for Metahuman Exploration, Carnegie Mellon University, Pittsburgh USA

The Center for Metahuman Exploration, Carnegie Mellon University, Pittsburgh USA

The Center for Metahuman Exploration, Carnegie Mellon University, Pittsburgh USA

The Center for Metahuman Exploration, Carnegie Mellon University, Pittsburgh USA

Tra gli uomini, nell’epoca dell’informazione, più nessuna comunicazione (un satellite è stato recentemente perso nello spazio proprio a causa di un’incomprensione umana tra pollici e decimetri...): straordinaria provocazione di un gruppo di scienziati e di tecnici (The Centre for Metahuman Exploration, Carnegie Mellon University,Pittsburgh USA), i realizzatori di robot molto simili al Pathfinder, che da Marte manda informazioni alla terra, i quali eseguono una performance sulla fine della comunicazione! Nel paradiso artificiale, da loro creato, Adamo ed Eva possono solo dipendere da volontà elettroniche: comandate le loro braccia da spettatori esterni, le carezze che un corpo fa all’altro sono meccaniche, prive d’affetto e reciprocamente invisibili. Incomunicanti. Cyberspace.

Project Paradise Centre for Metahuman Research

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Bibliografia