3.
Vivevamo in una casa sul lago. Accanto passava una ferrovia. Avevamo una barca, il lago confinava con quello, più grande, del conte Künigl, e su cui si specchiava il suo castello, il castello di Ehrenburg. Ci siamo poi trasferiti a Sand in Taufers in una casa completamente diversa, un’architettura razionalista, sulla piazza centrale del paese; ero quasi sempre alla finestra della mia camera per osservare l’animazione della piazza, le persone, i cavalli, i carri di fieno, i camion con i tronchi degli alberi, le esercitazioni dei pompieri, i concerti delle bande e i primi ballerini che danzavano al suono d’un giradischi, al di là di un muro, sulla pista rotonda del caffè di fronte. I primi “villeggianti”. In automobile. La prima rappresentazione breugheliana del mio personale medioevo si trasformava lentamente nell’immagine di un paesaggio quasi moderno.
Il mondo esterno cominciava a chiamarmi mandando in scoperta le sue avanguardie. L’altro mondo, quello dei corpi e della tecnica, delle ragazze e dei giovani cittadini, iniziava a fondersi con il mondo interiore fatto di letture e di musica (ah, la fatidica “Per Elisa”, che giunse ad insegnarmi il maestro che veniva da Innsbruck). Avevo amici austriaci, tra questi gli irridentisti anti italiani, che la stampa definiva terroristi. Ma quando arriva Carlo, una giovane promessa della scherma, dalla lontanissima Bari, con una lunga e norme possente automobile con autista, succede qualcosa. Il padre era un uomo gigantesco, con un sorriso altezzoso sul volto, un grande decorato al valore militare; era senza gambe, eppure si muoveva con una strana e per me inquietante facilità appoggiandosi sulle stampelle. Lo aiutava, sempre presente, con lentezza controllata, una bellissima moglie, minuta e dolcissima. Ero perfettamente consapevole che da Carlo e dalla sua famiglia ero considerato un “indigeno”, intelligente, ma pur sempre un aborigeno guida, a cui chiedere itinerari e curiosità del posto. Il primo tour viene compiuto nel luogo per me più decisivo di tutti e nel quale più volte avevo provato il mio coraggio: il castello medievale di Tures, che incombe sul paese. L’oggetto di racconti paurosi, animati da quanti, sotto la mia finestra, nei pomeriggi domenicali, sostenevano di essere riusciti a passare una notte nella stanza del fantasma. Lo spirito di una bellissima donna uccisa dalla gelosia del principe: la mia prima lezione di vita, che mi illuminava sul temperamento eroico delle donne e sulla crudeltà dei potenti.
Questi narratori di prove di coraggio – giovani con già i pantaloni lunghi – erano per me tra i protagonisti del paese, accanto ad altri personaggi eminenti: il maestro, il farmacista, il capo dei pompieri, il portiere della squadra di calcio, il capostazione, il colonnello di cavalleria in pensione, della cui figlia ero innamorato. Adele, Deli, mi portava a scuola a cavallo, cavalcando a pelo, stretto a lei sulla groppa sussultante dell’avellinese. Questa dimensione fantastica, in cui costruivo allora l’interpretazione fiabesca della mia vita, intrecciava dentro di me le infinite pagine dei libri di avventura e di storia – il mio primo grande sapere era anche fondato sulla continua meravigliosa lettura dei dieci volumi dell’Enciclopedia dei ragazzi Mondadori – al clima medievale di alcune ritualità ancora pagane e spesso crudeli della valle (ah, le odiose apparizioni di Heilige Nikolaus, il farmacista, e del suo inseparabile diavolo vendicativo, il macellaio, che picchiava davvero gli scolari meno bravi, traditi dal maestro) e questo intreccio di sentimenti e di emozioni si confrontava ora con il nuovo mondo che mi veniva a conoscere e a rendersi visibile nella sua enorme possibilità di vita finalmente quasi urbana e laica.
Una zia maliosa e maliarda, dopo una sua lunga vacanza passata da noi, mi lascia, tra altre cose, un baule pieno di libri e la prima sensazione effettivamente sessuale. Un’ape si posa leggera sul suo seno nudo, io allungo la mano per cacciarla e la fascinosa, aprendo gli occhi e fissandomi e sorridendomi mi dice “forse è un po’ troppo presto per queste cose”.
Sento ancora adesso quel calore nella gola. Paralizzato, scopro che quello che faticosamente avevo intuito nelle pieghe dei romanzi esisteva già nel mondo, reale, possibile, fisico. Il corpo femminile.