6.Il giornale di Istituto. “Il gatto a nove code”. Le mie novelle e i miei scritti. Il senso di stare costruendo il mio futuro, pagina dopo pagina, incontro dopo incontro. Lezione dopo lezione. Persino quelle che facevo io stesso, dando le prime ripetizioni, con i cui guadagni ho comprato una macchina fotografica, una Leidolf Wetzlar, quasi una Leica.
Studio e già “insegno”: nel senso che una sorta di fato o fatto genetico mi spinge a dover trasferire ad altri ciò che imparo. Sento che questo trasferimento di dati produce rete. Rete di reti. Neuronali. Nient’altro è così importante come questo passage: un passaggio nei due sensi, ovviamente. Perché ciò che si offre deve essere ritornato amplificato, reso critico e dunque eternamente sperimentale. Per ricominciare ancora una volta e sempre di nuovo a comunicare gli uni con gli altri. Ovunque nel mondo. Per ciò – come avrei poi per tutta la vita cercato di realizzare – il viaggio per essere informati e per scambiare dati (certo anche emozioni e passioni e affetti) è da compiersi dentro la biblioteca e tra gli uomini. Ho sempre cercato di conquistare e scambiare informazioni. Esattamente: trasferire l’un l’altro pensieri, con aggiornamenti. Quando questo passaggio funziona – e deve funzionare sempre nei due sensi -, cambia la vita, nel senso che tali segni si incidono nel modo stesso di pensare il mondo nel suo complesso. Ora finalmente so che la nostra tragedia attuale più grave è la sparizione di questa circolarità fluente.