La Guerra:una parola importante, importante per le problematiche che introduce, importante per le sfaccettature interpretative che può implicare, importante per l’attualità della realtà che rappresenta. 

In un percorso mentale che procede per analogia, immediatamente “guerra” viene tradotta con “conflitto”: una parola-chiave che attraversa tutto il nostro secolo, in particolare, ma anche tutta la storia dell’umanità.

Subito emergono alcuni livelli a cui è possibile analizzare questa tematica: non solo dal punto di vista storico (le guerre ed i conflitti locali che tutt’oggi affliggono il mondo), ma anche nella prospettiva dei conflitti interiori che segnano l’Uomo, e ancora le guerre nella e della comunicazione, motore imprescindibile e potentissimo della società odierna.

Ma è proprio verso i conflitti interiori che volevo rivolgere maggiore attenzione.

In che modo gli artisti esprimono i propri conflitti? Ma soprattutto, perchè lo fanno?

Nel campo della psicologia dinamica, soprattutto nella teoria psicoanalitica, si è ricercata l’origine degli atti creativi nelle motivazioni profonde ed inconsce dell’artista. Si suppone infatti una stretta relazione tra la storia di vita e l’opera dell’artista, ritenendo che le sue esperienze infantili ne influenzino il pensiero, i sogni, le creazioni artistiche.

Sigmund Freud, individò in queste opere d’arte l’espressione dei conflitti interiori e dei meccanismi di difesa degli autori. Introducendo il concetto di “sublimazione”, Freud affermò che le motivazioni profonde che determinano l’atto artistico derivano dallo spostamento di una pulsione sessuale o aggressiva verso una meta accettata e valorizzata socialmente, per cui l’artista, realizzando l’opera d’arte, scambierebbe la meta originariamente sessuale ed aggressiva con un’altra, comunque capace di appagare il bisogno pulsionale.

Ma è solo questo che fà l’artista? Crea un’opera d’arte solo per un proprio “appagamento”? Oppure c’è anche altro dietro questa facciata apparentemente egoistica?

 


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