Il dolore è arte?
Come può la rappresentazione palese del dolore fisico esser considerata in qualche modo un’opera d’arte? (Mi riferisco in particolare, come suggeritomi da Giordy, alle performances della Abramovich in cui ad es. si incide il ventre con una lametta o si tira i capelli con una spazzola fin quasi a strapparseli, o all’ “artista” che si è fatto appendere ed innalzare al cielo attraverso ganci da macellaio conficcati nella carne nuda, o colui che si è fatto sparare da una distanza ravvicinata con un colpo di fucile). Vorrei che uscissimo dall’ipocrisia ( e spero di non essere l’unica a pensarlo!) secondo cui tutto ciò può esser considerato affascinante, creativo, originale, grandioso, profondo senza prescindere dal fatto che sempre di dolore si tratta anche se l’artista o chi per lui afferma il contrario (a meno che non sia affetto da una rara malattia che riduce a zero i livelli di betaendorfina nell’organismo per la percezione del dolore!!!). Perchè non parlare anzichè di opera d’arte o di avanguardia, di manifestazione di disturbi psichici e/o emotivi della persona-personalità derivanti da una sua individuale angosciata storia di traumi psichici presente o passata che sia, messa semplicemente, pubblicamente a nudo?
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