La comunicazione visiva tien conto dell’originale?
Cosa cambia, se la comunicazione visiva, "ciò che vediamo" è una copia o meno?
Diremo che la questione della copia riguarda almeno due aspetti fondamentali, l’ambito della copia artistica e la dimensione, assolutamente attuale, della clonazione di esseri viventi, tra cui l’uomo.
Una bella differenza, tra i due ordini di problemi!
In ambedue i casi, tuttavia, un elemento comune protegge l’originale: il diritto di copyright (vedi gene)!
La ripercussione più immediata dell’opera d’arte si manifesta nella tendenza a ripeterla e riprodurla, a partire dallo stesso autore. L’artista, come si sa, su richiesta del pubblico…, fa repliche!
Molta parte della storia classica, non solo quella romana, ha fondato la sua fortuna sulle copie, ed è grazie ad esse che molte opere dell’arte greca ci sono pervenute (i committenti erano ricchi sì, ma non tanto da poter comprare originali …).
Quando l’arte figurativa si fondava sulla qualità tecnica della mano e lo studio dei grandi era pratica quasi consueta, copiare opere famose era un passaggio obbligato (talvolta un passo che poteva portare alla "falsificazione").
Un problema di dimensioni decisamente filosofiche e sociali è aperto dal fenomeno della riproduzione tecnica dell’opera d’arte, su cui fa testo definitivo un noto saggio di Walter Benjamin, scritto nel 1936: per l’appunto L’opera d’arte nell’epoca della riproducibilità tecnica.
Per comprendere il significato della "copia" nella nostra epoca, bisogna, tuttavia disporci ad allargare il discorso anche su un altro piano, cercando di attualizzare l’argomento nel momento culturale di grande trasformazione, nel quale viviamo.
È l’epoca del clone! L’epoca nella quale è ormai possibile raggiungere la riproduzione tecnica dell’ultimo baluardo dell’autenticità, dell’individualità e della soggettività, l’uomo!
È possibile copiare l’uomo: certo, non sarà ancora perfettamente uguale all’originale, per errori di programmazione e soprattutto per le modificazioni che saranno provocate dall’ambiente, dagli eventi e dalle imponderabili leggi della casualità, ma è indubbio che tutto il destino biologico riproduttivo dell’uomo è stato messo in discussione …
La costellazione dei saperi sta profondamente trasformandosi, facendo gravitare l'intero sistema culturale non più verso l'ideale umanistico, per il quale tutti gli ingranaggi delle scienze erano mossi dal fine umano, ma in direzione di un ideale tecnologico.
Tra le caratteristiche generali di questa cultura della mutazione, o postumana, come potremmo altresí definirla, è soprattutto eminente la non contraddizione tra originale e copia.
Due linee critiche contrapposte interpretano oppositivamente tale fenomeno, l'una orientata ad avallare la dimensione tecnologico-elettronica della simulazione e quella bioingegneristica della clonazione, liberatasi da ogni nostalgia dell'originario e dell'autentico, l'altra, che spogliata da qualsiasi enfasi futuristica e prometeica di possesso sul mondo - recupera condizioni operative più le gate alle emozioni, alla manualità, alle an tropologie, riafferma l’assoluta insostituibilità delle cose e dei corpi, ognuno un unicum ancora e assolutamente irripetibile (la copia è plagio …).
Queste considerazioni sintetiche andrebbero riesaminate all'interno della più gene rale dimensione del cosiddetto fenomeno postmoderno, che ha visto progressivamen te venire a cadere molti modelli della cultura mo derna, dando luogo ad un insieme estremamente ambiguo di categorie oppositive, come quelle di centrale/periferico, autentico/inautentico, ori ginale/copia, realtà/simulazione, e così via.
Un topos. Il topos del topo. Centralità mitologica del topo; dal laboratorio religioso (animale sa cro agli indù), a quello letterario (la Peste di Albert Camus, Uomini e topi di Stein beck...), a quello elettronico (mouse), a quello virtuale dell'uomo-terminale, mouse esso stesso, che permette alla macchina virtuale di funzionare: è proprio il nostro corpo fisico, con la sua gestualità nel tempo-spazio naturale a rendere possibile lo scatenarsi dell'e vento dentro lo spazio della realtà sintetica. Uomo-mouse; mutante e nello stesso tempo ancora fisicamente determinante ed essenziale.
Una delle più grandi rivoluzioni in campo scientifico del nostro tempo è certamente quella realizzata dai biologi molecolari, che sono riusciti a manipolare le più piccole molecole della vita: l'a cido desossiribonucleico (DNA), l'a cido ribonucleico (RNA), le proteine e gli enzimi.
Un testo molto illuminante su queste ricerche, e soprattutto sul clima, a pochi noto, den tro cui tali ricer che vengono compiute è il libro, per quanto datato, di Stephen S. Hall, Frontiere invisibili, straordinaria cronaca della competizione fra tre gruppi di biologi molecolari americani, impegnati alla ricerca del gene umano, capace di autopro durre insulina, normalmente ricavata dal pancreas di suini e bovini e molto di versa da quella umana.
Nel 1976, data memorabile, alcuni di questi scienziati si accor gono che era possibile isolare l'informazione genetica dell'insulina dall'insieme dei geni di una cellula di mammifero e che questo gene poteva essere clonato, vale a dire duplicato, inserendolo nei batteri: ai più ambiziosi e lungimiranti - scrive Hall - parve addirittura possibile fare in modo che fossero i batteri stessi a produrre insulina - l'insulina umana - come se ogni creatura fosse una consociata della Ely Lilly § Co
(p. 5).
Nel 1977 Cohen Boyer effettua il primo esperimento di trasferimento effettivo di un gene su un microor ganismo; nel 1982 viene prodotta insulina umana da microorgani smi manipolati. Viene "creato", nello steso anno, il primo mammifero transgenico: il supertopo di Harvard (verrà "brevettato" nel 1988, come, dunque, qualsiasi altro tipo di invenzione progettuale!). Nel 1987 viene "creata" una pianta da una molecola di DNA manipolato. Nel 1990 vengono brevettati i primi geni umani e viene effettuato uf ficialmente il primo trapianto genico sull'uomo.
L'ambito di queste ricerche apre interrogativi importanti, non soltanto sulla liceità morale di tali scoperte, quanto sulla natura stessa dell'oggetto indagato: un virus, per esempio, è o non è un organismo vivente? Qual è la soglia tra visibile e invisibile all'interno del codice della vita?
Compito del ricercatore moleco lare diventa quello di rendere vi sibile l'invisibile!
La grammatica fondamentale della vita, di ogni forma di vita, è de terminata dal fatto che ogni aminoacido è come una parola di una frase costituita dalle lunghe sequenze delle proteine, come l'insulina, gli enzimi, gli ormoni e così via: i nostri geni conten gono frasi per gli enzimi, per gli ormoni...
La combinazione di que ste frasi in paragrafi e capitoli forma il testo della vita.
Una frase estratta dal cromosoma di una forma di vita può essere incorporata nel DNA per dar vita ad una forma replicata: un clone. Un essere fotocopiato!
Per quanto eccessivamente enfatica, la dichiarazione di uno di questi scienziati ad un congresso, che avrebbe affrontato anche il dibattito sulle conseguenze sociali, politi che e morali di tali scoperte, non può essere sottaciuta: Con la scoperta del DNA ricombinante
(che permette la creazione di ibridi, di chimere, vale a dire di incroci tra forme di vita molto lontane tra loro), gli scienziati hanno svelato il mistero della vita... Prima o poi i biologi saranno in grado di creare nuove piante, nuove razze ani mali e persino di alterare geneticamente gli esseri umani
(p. 109).
Nell'epoca che Benjamin magistralmente indicava come quella della riproducibilità tecnica l'uomo stesso risulta essere divenuto un oggetto replicabile: un replicante. Figura assai nota alla fiction (si pensi a film come Blade Runner, di Ridley Scott, del 1982, tanto per fare un esempio immediato), ma supe rata dalla stessa realtà.
Ciò che provoca la necessità di una profonda riflessione è la constatazione che la possibilità di riprodurre un corpo non dipende più direttamente dal corpo stesso. Non è più la naturalità dell'atto ses suale a de terminare la fecondazione e la procreazione, ma l'artificio, che tenteremmo di definire alchemico, di una creazione ingegneristica. In questo scenario persino la procreazione in vetro e la banca dello sperma appaiono come appartenenti ad un'epoca passata.
Bruce Nauman, Rats and Bats (Learned Helplessness in Rats), 1988, video installazione, Metropolis, Berlino 1991.
Bisogna giungere a capire se l'insieme di queste infinite possibili mutazioni genetiche prodotte dalla ri cerca scientifica ci permetterà, come organismi umani, d’essere an cora liberi, o addirittura più liberi. Dobbiamo cercare di capire se avremo la capacità e la forza di tramutare tutte queste enormi energie, liberate dalla nuova scienza e dai nuovi saperi, e produttrici di organismi mutanti, in conquiste di li bertà. O se, invece, come sembra volerci dire l'opera di Nauman, ormai anche i topi hanno imparato la lezione.
I topi che sono riprodotti in questi sei televisori al centro di questa specie di gabbia-labirinto, producono una sorta di immagine virtuale: un topo, al centro, che cerca frene ti camente di liberarsi. Ma non può. Non può liberarsi dal nulla: nel senso che non c'è che un continuo imprigionante rispecchiamento tra televisivo e virtuale. E, nello stesso tempo, nel fondarsi di una sorta di statuto di immortalità dell'immagine.
Quando sentiamo dire che la scienza sta conducendo anche l'uomo verso l'immorta lità, per le ragioni che abbiamo prima descritto, non possiamo non cogliere una stretta af finità tra queste due dimensioni, quella dell'immagine e quella della corporeità. Am bedue sono repliche. Ambedue sono fortemente immaginarie.
Quindi, perché il corpo sia immortale, bisogna che noi lo rendiamo fino in fondo, totalmente, immagine! Copia in immagine!
Elaborazione computerizzata del DNA.
Se riflettiamo più attentamente, all'interno di quello che è l'ultimo scalino della nostra visibilità (vale a dire dell'immagine!), scopriamo l'immagine limite, la doppia spirale dell'acido desossiribonucleico: qui, nella constatazione che tutte le forme viventi hanno alla base questa semplice molecola.
In questa elaborazione al computer, la doppia elica del DNA trova la sua più adeguata rappresentazione: la visibilità limite della sua apparenza si traduce in apparenza di im magine, in immagine dell'immagine, in simulazione dell'immagine.
Perdita di visibilità nel punto di trasformazione in datità informativa. Al tra visione. Visione della re gola, della canonicità del DNA; riconoscimento del modello, dell'essenza, dell'idea.
Vera artificialità, verità artificiale, verità dell’artificiale.
DNA come modello di base di una familiarità del vivente.
Ma anche chiave di accesso alla totale replicazione di tutti i viventi, alla loro ibridazione, alla loro mutazione.
Questa l'attuale "magia".
Jenny, nome scelto nei laboratori del Polytechnic Institute in Virginia, fu, nel suo tipo, il primo esemplare di una nuova specie combinata con l'uomo: una scrofa, il cui patrimonio genetico è stato addizionato con un gene umano e un gene di topo (servito per trasferire il frammento di DNA umano sul bersaglio)!