Jan Vermeer van Delft, Il geografo, 1668, Städelsches Kunstistitut, Francoforte
Questo geografo che si serve di un compasso ha alle sue spalle i simboli dell'archivio, del globo, dei libri mentre davanti a sé una carta geografica e un arazzo piegato. Alla sua destra una finestra aperta oltre il sipario, attraverso cui possiamo vedere solamente appropriandoci dello sguardo del protagonista.
Il punto focale dell'opera è però quel compasso che segna le misure: tutto il sapere "colonizzatore" del pianeta e dei mondi oltre a esso scaturisce da quella prima "regle" commensuratrice del potere e dell'autorità dei saperi, delle politiche, delle economie.
Il compasso rappresentato dall'artista possiede però un ulteriore significato, discernibile osservando la sua posizione: una delle due punte verte in direzione dello "Omphalos" (ombelico) del protagonista. Questo orientamento, come dimostrato da una ricognizione radiografica che ha evidenziato un ripensamento da parte dell'autore, non è gratuito bensì volontario e permette a Vermeer di segnalare l'antropocentrismo di ogni misura. "Omphalos" è la pietra-pigna sacra collocata nel centro del tempio di Apollo a Delfi che utopicamente accompagna la parabola del pensiero occidentale: considerare l'uomo come misura di ogni cosa. L'espressione più lampante di questa prospettiva è quel disegno di Leonardo che è ricostruzione geometricamente e anatomicamente perfetta del "modulor" elaborato da Vitruvio dell'uomo a braccia larghe e gambe divaricate inscrivibile in un cerchio tangente interno di un quadrato. Il centro del cerchio non potrà che corrispondere con l'ombelico in quanto sede dello smisurato orgoglio umano, che nella sua brama di ordine viene contraddetto da quelle pieghe (geometrie elastiche, improvvise catastrofi) dinanzi al compasso: in primo piano il caos, in secondo piano la "regle".
La condizione e il sapere umano si determinano dialetticamente sulla base dell'unione tra la volontà scardinatrice della regola e l'utopia dell'ordine.
Questa tensione verso la centralità viene amplificata in senso superomistico dalle teorie hitleriane, non a caso la fibbia in bronzo della Wehrmacht si sovrappone esattamente all'ombelico, al centro della cintura e attorno all'aquila si legge la terribile frase "Gott mit uns", "Dio è con noi", espressione della arroganza dell'uomo nella sua folle visione demiurgica. Ogni progetto dittatoriale si prefigge del resto l'obiettivo ordinatore sul mondo, sulla città e sull'uomo che si geometrizza muovendosi "a compasso" e si denaturalizza avvicinandosi alla macchina. L'individuo viene dunque reso esecutore fondamentale delle mire di possesso ideologico sul mondo.