Come abbiamo visto, l'artista contemporaneo va a ripescare anacronisticamente (in senso dialettico e conflittuale) opere preistoriche popolando la sua arte con riferimenti ad esse. Le due realtà non possono certamente avere lo stesso valore ed è esattamente l'assonanza tra le due opere a produrre l'opera d'arte stessa, nel momento in cui lo spettatore si interroga sulla differenza e sulla relazione tra passato remoto e l'oggetto della sua osservazione presente. Gene atavico della creatività (termine per altro molto pericoloso)? Nei nostri neuroni l'informazione della necessità d'espressione? Rileggere Freud anche sul lapsus (si scarabocchia sui tavoli, si fischietta sovrappensiero (o si "graffia" la città) come risposta alla nostra umana solitudine, al bisogno di confronto, bisogno di dimostrare alla nostra mente che si è vivi: è sintomo di paura. Che non sia questo uno dei motivi dell'arte?).