Lezione 07
Lezione 07

O quadri o inquadri

(28 Marzo 2011)

parte terza

Potendo concepire il cinema come grande metafora dell'occhio iniziamo la lezione indagando la messa in forma filmica della rappresentazione della tragedia del nostro organo visivo come obiettivo-mirino. Una selezione di quattro film, di cui vedremo brevi sequenze, ci guiderà nella trattazione.

Dziga Vertov, L'uomo con la macchina da presa, Russia, 1929

Questo "mise en abyme" di metacinema presenta la cinepresa come potente macchina autoritaria che sovrasta le altre macchine.
Il titolo emblematico di questo film russo suggerisce una grande coscienza soggettiva che guida il regista, attraverso l'impiego del mezzo tecnico, a costruire la raffigurazione animata del mondo così come è ma anche così come è "montato". L'opera ideologica propone la realtà attraverso l'ottica socialista ma mette in gioco il ruolo dell'occhio nella costruzione del senso cinematografico: il regista vede e registra il mondo ma è parte dello stesso dal momento che anch'egli è registrato dalla cinepresa di un altro anonimo regista.
Quest'occhio che tutto "monta" opera un atto porno-sessuale, una violentante adiacenza con inserimento ai danni delle dinamiche della realtà, con le quali il film (una vera montatura!) non ha nulla a che fare. A permettere la costruzione del linguaggio cinematografico è l'azione reiterata dell'esclusione mediante taglio e il successivo montaggio. Vertov cattura il corpo del sociale montandolo in una visione metropolitana nella strutturazione della quale l'occhio si mette in diretto rapporto con l'obiettivo, relazione che comprendiamo facendo riferimento al riflesso degli occhi dell'ultimo astronauta nell'occhio rosso di Hal nella scena di "2001 - Odissea nello spazio" in cui l'uomo è chiamato a "uccidere" la macchina.