Lezione 08
Lezione 08

Occhio allo sguardo

(04 aprile 2011)

parte prima

Hans Holbein, Gli ambasciatori Jean de Dinteville e Georges de Selve, 1533, Londra, National Gallery

Jacques Lacan parla di questo dipinto nella sua già citata opera Il seminario. Libro XI, ma il nome del pittore già ci indirizza nell'interpretazione, infatti Holbein ("hol-bein", in tedesco) significa "mezzo teschio".
Questo quadro rivoluzionario in cui il gioco dello sguardo entra in conflitto con la visione dell'occhio ci pone dinanzi al vertiginoso tema dell'anti-prospettiva; come apprendiamo da Erwin Panofsky (ne La prospettiva come forma simbolica) la prospettiva è quello strumento simbolico per nulla matematico che ha come riferimento l'idea e consiste nel vedere il mondo attraverso il buco della serratura con un solo occhio in cui converge tutta la piramide visiva. La metafora dell'occhio fascista dell'autorità che seziona il mondo sotto forma di rappresentazione trova spiegazione proprio nel concetto di prospettiva come forma simbolica del potere.

La prospettiva è grandemente implicata nella visione matematica del mondo attraverso il foro della macchina ottica di Brunelleschi ed è anche la protagonista, in una sua versione volontariamente "tradita" o scorretta, di tutti i dipinti di Leonardo (il grande studioso della prospettiva!) escludendo solo la Annunciazione giovanile, probabilmente il suo unico quadro regolarmente prospettico: il grande artista è autodistruttivo e si può permettere di negare il suo codice.

Sul piano del contemporaneo Duchamp afferma di voler essere l'ultimo uomo a impiegare la prospettiva come mezzo di rappresentazione. La sua Etant donnés: 1° la chute d'eau / 2º le gaz d'éclairage è infatti un'opera sulla prospettiva, principio che fa proprio distruggendolo collocando nell'ambito della installazione presso il Museum of Art di Philadelphia due fori attraverso cui spiare una donna: il corpo nudo sfugge al mirino in quanto non può essere colpito da alcuna logica prospettica. L'artista francese impone all'osservatore la stessa posizione, ma in senso antitetico, di cui parla Leonardo nel ricordo (giunto a noi attraverso gli scritti del Vasari) di apprestarsi, teso tra curiosità e timore, a guardare dentro la "nigredo" di una caverna proteso verso le viscere della terra ma arretrato sulla soglia della luce.

Il coraggioso Holbein trasforma una commissione di lavoro nel capolavoro in cui ritrae due rappresentanti del potere: gli ambasciatori Jean de Dinteville e Georges de Selve. Se osserviamo la struttura lignea centrale notiamo tre livelli simbolici: sul ripiano più elevato si trovano tutti gli strumenti delle scienze, a mezzavia si osservano quelli delle arti, in basso, in corrispondenza del pavimento lombardesco assolutamente geometrico compare una forma incomprensibile che ci spiazza per la sua apparente estraneità. La figura anamorfica, misteriosa se guardata frontalmente, colta di sbiego ci appare come teschio. Costruire una anamorfosi (su cui la bibliografia è molto ampia) consiste nel proiettare un'immagine prospetticamente regolare su di un piano curvo, ma a livello di significato essa rappresenta l'apparizione della realtà mai data dall'occhio che vede direttamente bensì dallo sguardo in tralice di cui parla Lacan. Come abbiamo già riportato, Arago ci insegna che la visione extra-foveale ci permette di cogliere i fenomeni che si collocano sul bordo del visibile e Lacan stesso ne fa una metafora della comprensione dell'Altro che si realizza mediante lo sguardo / pensiero laterale. Quest'ultimo concetto corrisponde al pensiero diffusivo e rizomatico che permette di comprendere l'enorme connessione su più livelli che sono la conoscenza, la vita, l'arte: la rete delle reti è un sistema neurale diffuso. Gilles Deleuze e Félix Guattari nel loro testo Mille Plateaux illustrano gli esempi dell'ape e della ferrovia facendoci capire la potenza e la vastità del rizoma che collega tutta la realtà: se a ogni punto della rete corrisponde una prospettiva, al sistema nel suo complesso corrisponde una visione multi-prospettica.

Ecco che allora accostandoci lateralmente al quadro di Holbein scopriamo che dietro la politica (il soggetto della rappresentazione nelle spoglie degli ambasciatori) e dietro la scienza non c'è che la relatività dell'esistenza il cui unico destino certo, in quanto informazione genetica, è la morte.

Ma in questa geometria perfetta e solo apparentemente irremovibile l'arte e la scienza creano, inventano o scoprono? La scienza, del tutto sperimentale, facendo capo alla sua falsificabilità può solamente progredire (si apre la questione della neutralità o meno della scienza, vedi bomba atomica). E l'arte? Picasso affermava di trovare sulla tela ancora prima di cercare.
Passando per l'invenzione la conclusione di questo ragionamento ci porta al concetto di innovazione: l'analisi attenta di ciò che è, orientata alla creazione del nuovo, è la forma più acuta di critica del presente.

B.
Jacques Lacan, Il seminario. Libro XI. I quattro concetti fondamentali della psicoanalisi, Einaudi 1979
Gilles Deleuze e Félix Guattari, Mille Plateaux, Minuit, 1980
Irvin Panovsky, La prospettiva come forma simbolica, Abscondita, 2007