Andres Serrano, Morgue. Knifed to Death - II, 1992
Non possiamo fare a meno dell'enorme potere rivelatore della fotografia.
Il fotografo Andres Serrano, così come Witkin, si serve di porzioni di cadaveri per creare immagini terrificanti (come giustifichiamo la nostra differente reazione di fronte al dipinto di un cadavere e di fronte a una fotografia di un cadavere? Come varia l'emozione provocata dallo stesso contenuto espresso attraverso media diversi?).
L'autore nella serie fotografica intitolata "The Morgue" ("obitorio") coglie aspetti spaventosi della "vita" fisica dei cadaveri, dimostrando una sensibilità portata all'estremo che presuppone uno spettatore altrettanto comprensivo capace di usare uno sguardo sovrallenato dall’arte per riuscire a sostenere la visione nell'opera.
Questa immagine ritrae un suicida, colui che non desiderava più nulla se non lasciare un'eredità di vendetta (attenzione alla questione analitica della anoressia - vedi la modella Isabelle, appena morta, fotografata da Oliviero Toscani - il voler sparire per poter finalmente “essere notata”). Il dramma di quest'opera consiste nell'inutilità di quel suicidio perché il defunto non è stato riconosciuto da nessuno neppure da morto, e si è dovuto ricorrere alle impronte digitali per la sua identificazione. Ecco allora il cortocircuito tra le nere dita inchiostrate e il rosso squarcio mortale.