Il ritratto è sempre l'immagine di un soggetto che in quella foggia non c'è più poiché la mutazione è irreversibile e allontana ineluttabilmente il corpo da quell'istante così fissato. L'artista attraverso la tipica e quasi ossessiva serie di autoritratti intende scandire la propria continua metamorfosi che si colloca in una condizione di extraconsuetudinarietà e riguarda solo il suo aspetto: l'artista possiede una coerenza interiore che ci permette di riconoscere in qualsiasi momento della sua parabola una sua opera, anche se non firmata (disciplina dell'attribuzionismo). Nelle migliaia di schizzi, disegni e opere di Picasso per esempio, incredibilmente attivo dall'adolescenza fino alla morte, si è sempre in grado di riconoscere il suo stile grazie all'individuazione del costante e inconfondibile segno peculiare.
Questa coerenza quasi spirituale che rende l'artista un soggetto unitario non è appannaggio di noi individui "mortali" che nutriamo la vanità di ritenerci costanti (foglie d'autunno presto cadute). L'arte rappresenta l'unica via per l'immortalità, solamente però in quanto ci "estrae" dal fluire della storia per mano dell'artista. Foscolo tuttavia affermava che è immortale anche colui il quale lascia un'eredità di affetti, questa però svanisce appena dopo due generazioni ed è perpetuata solo da un ritratto o da un'opera che lascia per sempre tracce del soggetto, immortale grazie all'immortalità dell'artista.