Lezione 03
Lezione 03

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(28 Febbraio 2011)
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I protagonisti, le opere, i movimenti, le tendenze di tutta la storia dell'arte si collocano sul bordo precario tra fisica e metafisica, essendo implicitamente ma necessariamente chiamati a scegliere da che parte stare tra la realtà e il fantastico. Nell'ambito dell'arte moderna e contemporanea tutte le avanguardie hanno coltivato l'aspirazione a un mondo diverso, un mondo altro, raggiungibile attraverso la trasformazione del mondo reale operata dall'arte e dal pensiero. La grande questione che subito emerge riguarda la natura degli strumenti dell'arte, i quali non hanno nulla dell'economico, del politico, del sociale.
Ma è possibile cambiare il mondo, migliorandolo, senza essere necessariamente politici? E ancora, cosa vuol dire migliorare il mondo? In questa titanica azione vogliamo collocarci nella dimensione dell'estetico, della bellezza o in quella dell'etica, della relazione profonda tra gli uomini, e tra essi e la realtà?
Ecco che allora l'artista, come il monaco zen precedentemente incontrato, è costantemente in bilico tra tra il mondo e il desiderio, tra ciò che è e ciò che si vorrebbe fosse: l'eternità dell'arte risiede nella conciliazione di queste due sfere.
L'arte però, attualmente, non ha più il ruolo storico, millenario, di creare mondi "altri" nella tensione di liberare l'uomo dalla materialità di questa terra, oggi, persa la coscienza del reale, l'artista ha il compito di rifarci toccare la fisicità del mondo, ovvero la sua realtà che si rispecchia anche in quell'altro da me nel cui studio si addentrarono grandi socio-analisti come Slavoj Žižek. A questo proposito possiamo far riferimento al film "Il discorso del re", vincitore quest'anno di quattro premi Oscar, che è un film "realtà" in quanto storico in cui sono proprio le necessità del reale a permettere l'unità indissolubile del popolo britannico che rifiuta, durante la Seconda Guerra Mondiale, grazie al re Giorgio VI, di dare ascolto alla fascinosa parola "fascista" attraverso cui si diffondono le strutture dittatoriali nel corso del Novecento. La stessa anti-retorica della verità di cui si fa portatore (attraverso la parola stessa!) il monarca vincendo la balbuzie, anima Chaplin nel suo capolavoro "Il grande dittatore" in cui esce dalla titubanza della parola, facendone uso, per denunciarne la nefanda autorità. Anche all'artista, comunque, compete il compito del linguaggio, ma un linguaggio che non può essere autoritario né quotidiano bensì elevato, evocativo, allusivo di una dimensione spirituale che si colloca oltre il fisico legando il mondo al sistema universale delle idee.
Metafisica invenzione di ciò che va al di là della materia è proprio la fotografia di Sugimoto, immagine di un dato di realtà in cui fantastico e reale convivono toccandosi sul bordo tra mare e orizzonte.

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