Riprendiamo la lezione intitolata "Occhio allo sguardo" non prima di aver puntualizzato alcuni concetti riguardo al rapporto tra artista e bambino, suggerito da un involontario quanto stimolante riferimento al nesso da noi precedentemente instaurato tra l'opera di Van Gogh Due bambine (accigliate) e una celebre fotografia di Diane Arbus.
Il bambino è un essere mostruosamente incompreso e incomprensibile perciò non è catturabile da parte dell'arte, secondo elf, a causa della sua natura infante di "colui che non parla". Non essendo un soggetto non può essere l'interlocutore dell'artista. Per quest'ultimo, inoltre, l'infanzia rappresenta un rimosso gigantesco che si radica nell'universo extraconsuetudinario in cui egli si muove, nell'ambito del quale la famiglia "prolifica" tradizionalmente concepita non trova collocazione. Paul Gauguin solo per citare l'esempio più noto, abbandonò moglie e figli nell'indigenza per ricongiungersi con l'umanità primigenia, preindustriale e dunque non matrimoniabile.
Infinite bibliografie e filmografie si aprono di fronte a questo tema ma non si può non citare il terribile capolavoro di David Cronenberg La covata malefica (1979) che accostiamo al labirinto kubrickiano di Shining (1980) al centro del quale il piccolo ucciderà il padre.